Smartphone a scuola, finalmente la commissione nominata dalla Ministra Fedeli ( metà settembre) sull’uso didattico del dispositivo ha concluso i propri lavori. Decalogo consegnato alle scuole che, però devono meglio definirlo. Cambia poco rispetto alla Direttiva Fioroni (15 marzo 2007). Rimane la responsabilità del docente.
Smartphone in classe, terminati i lavori
Sono stati rese note le conclusioni della commissione. Nulla di nuovo, rispetto alla Direttiva Fioroni ( 15.03.2007). Rimane vietato l’uso personale dello smartphone. Dichiara la Ministra: “La proibizione all’uso personale dei cellulari a scuola rimane, stiamo regolando il loro uso didattico, sotto il controllo del docente” Non poteva essere diversamente.
Giustamente il decalogo parte dal dato oggettivo: oggi molto è digitale. Forse troppo, aggiungo. Da qui il compito della scuola di gestire l’innovazione, liberandola dall’assunzione di uno sterile finalismo.. La tecnologia rimane un mezzo per il conseguimento di scopi pedagogicamente sostenibili e accettabili.
Rimane la responsabilità
Fin qui tutto bene. Chi potrebbe obiettare la fondatezza di questi contesti?
Se si va oltre gli enunciati, però, il nostro percorso mentale porta sempre allasstessa conclusione: la responsabilità, comunque, resta sempre delle scuole ( stesura di un Regolamento) e nello specifico degli insegnanti ( disattivazione delle notifiche, informazione all’utenza sull’uso critico e corretto dei dispositivi…).
“Culpa in organizzando” e “in vigilando”
Una responsabilità che si declina nella “culpa in organizzando” (= Dirigente Scolastico, in assenza di un regolamento o di un documento poco definito) e in quella “in vigilando” riferibile al docente. La giurisprudenza ha confermato questo orientamento. L’ultima in ordine di tempo è del Tribunale di Brescia (1955/17) resa nota dal quotidiano “Il Sole 24 ore“. Si legge “la giurisprudenza considerava la diffusione di video illeciti on line quali attività del tutto prevedibili «in ragazzi di età pre-adolescenziale, dotati di telefonini abilitati a riprese video e generalmente fruitori di social network» (sentenza Tribunale di Brescia numero 1955, pubblicata il 22 giugno 2017). Per i giudici è noto che la diffusione tra i ragazzi di video lesivi dell’altrui reputazione può verificarsi in orario scolastico e ciò basta per ritenere sussistente la responsabilità civile dell’istituto scolastico.”
La direzione del Web preoccupa
Per questi motivi le mie perplessità rimangono. Il convincimento di un no allo smartphone si basa anche sulle nuove tendenze del Web. Applicazioni, servizi di IM e social che riducono molto il controllo dell’adulto anche a distanza. Penso ad esempio ad applicazioni che permettono la cancellazione dei messaggi appena letti, consentono di filmare una propria o altrui attività ( sexting) “convocando un pubblico di contatti” e di salvare il prodotto nel Cloud, alle chat segrete, a cartelle rese “invisibili” nello smartphone… Tutte assicurano l’anonimato che viene interpretato dai nostri ragazzi come totale invisibilità, dimenticando che IP pubblico (necessario per la navigazione nel Web) può essere nascosto ma non annullato.
Molta competenza e tanta passione
La gestione critica e responsabile del telefonino necessita di insegnanti competenti dal punto di vista tecnico, ma anche pedagogico ( valorizzazione dell’altro e delle competenze relazionali e sociali nei ragazzi). Sicuramente essi esistono ma ho l’impressione che non siano sufficienti e ben distribuiti tra le scuole. Per questi tutto è possibile, anche “puntare alle stelle”, grazie alla loro passione e disponibilità a rimettersi in gioco ogni giorno. Per tutti gli altri, e ripeto non sono pochi, mi limiterei allo spegnimento degli smartphone a scuola.
Gianfranco Scialpi
Referente per il contrasto al cyberbullismo “Carlo Levi”